La partita della vita

L’Inter ha vinto la Champions. Onore ai vincitori. Terzo “titulo” (probabilmente non l’ultimo) di una stagione perfetta, che ha visto la squadra di Mourinho alzare anche Coppa Italia e il trofeo rappresentativo dello Scudetto (5° consecutivo; 4° sul campo). Non ha certo demeritato, avendo Milito siglato una doppietta di assoluto ed oggettivo prestigio, fintando per due volte e umiliando così la difesa del Bayern Monaco (e creando “problemi” di formazione al CT argentino Maradona in ottica “mondiale” – si fa per dire; tra Tevez, Messi, Aguero e “el Principe” ci sarebbe l’imbarazzo della scelta).

Calcisticamente parlando c’era tanto in palio. Entrambe le squadre avevano vinto Campionato e Coppa di Lega; entrambe hanno smentito l’esordio di stagione mediocre; entrambe si battevano per procurare, per l’annata successiva, un posto in più a favore di una compagine del rispettivo campionato nella massima competizione Europea; entrambe lottavano per un successo internazionale che mancava da troppo. Soprattutto per i nerazzurri, che hanno atteso qualcosa come 45 anni.

La festa a Milano (e non solo, naturalmente) è stata strepitosa. Un evento indimenticabile per il popolo dell’Ambrosiana, atteso da quasi mezzo secolo. Da quando quell’enorme recipiente dalle “grandi orecchie” era molto più modesto di adesso. Erano i tempi in cui le società non spendevano milioni di Euro per finanziare calciatori stracolmi di tatuaggi. L’avere negli anni ’60 un Luisito Suarez (quindi uno spagnolo, uno straniero) nel team era qualcosa di esclusivo, visto che i campioni (i vari Mazzola, Facchetti…) si creavano in casa.

Un'immagine emblematica: il capitano dell'Inter, Javier Zanetti, finalmente alza la Champions League, conquistata dopo 15 anni di permanenza nel club (da Gazzetta.it)

Controsensi. Lo squadrone italiano che ha conquistato l’Europa ha impiegato, come titolari, 11 atleti esteri su 11. Persino l’allenatore era portoghese. Centinaia di migliaia di Euro, quelli investiti da  Moratti  (ecco una cosa resistita al tempo: la passione tramandata da padre in figlio; prima Angelo, ora Massimo), per tenere impegnati  ragazzi nel correre contro un pallone, vestiti con maglie a righe e calzoncini corti. In un periodo in cui la gente si suicida per l’estrema difficoltà nel gestire un bilancio familiare. Come magari alcuni tifosi, sabato attaccati per oltre 2 ore (tra tempi di gioco, intervalli, pre e post-partita) ai teleschermi. Che, pur di far sentire la vicinanza all'”Amata Pazza“, comunque il “deca” lo tirano fuori dal portafogli per comprare la replica difettata della maglietta. E bere fiumi di champagne in strada, accendendo fumogeni e facendo caroselli con auto e camion.

Ovviamente è una situazione fenomenica e trasversale. Il calcio appassiona, è una fede. Nello Stivale è  considerato qualcosa di vitale. Per nulla al mondo qualcuno cambierebbe mai i colori della casacca a cui è affezionato dall’età più tenera. Però il medesimo sarebbe capace di svendere, per molto meno, ideali più concreti. Come quelli politici, ad esempio. È lampante: in questi giorni, in Parlamento, si sta discutendo circa uno dei decreti più impopolari mai avanzati dallo Stato. Tuttavia, il casino immenso in piazza Duomo nella seconda città italiana per estensione non sorge per ribellarsi ad esso (senza voler incitare alcuno a compiere gesti insani o riottosi), bensì per osannare alcuni uomini  di età compresa tra i 19 e i 38 anni, impegnati in un discorso decisamente più frivolo. E che, a riflettere bene, non cambia le singole esistenze se non per poche sere di caciara (nonostante i titoloni in prima pagina dei giornali). “Dopo che si fa?”

Per il calcio si “ama”; per il calcio si ride; per il calcio si resta incollati alla TV; per il calcio si mandano a fanculo le mogli o le fidanzate;  per il calcio si piange; per il calcio si sta in piedi fino all’alba; per il calcio si bevono Peroni in formato famiglia e, contemporaneamente, qualcuno si dedica alla nobile arte del rutto libero. Per il calcio si “odia”; per il calcio gli insulti e gli sfottò sono prassi (anche sul terreno di gioco); per il calcio si buttano petardi dalle curve e, a volte, persino mezzi di locomozione; per il calcio si grida; per il calcio si lasciano i problemi alle spalle; per il calcio si brucia; per il calcio si muore.

Per il calcio si uccide.

2 commenti Aggiungi il tuo

  1. Feder ha detto:

    Centra solo parzialmente con ciò che hai scritto tu, comunque se ricordi poco prima degli inizi degli scorsi mondiali alcuni ricercatori in campo economico (mi pare fossero olandesi) fecero una previsione secondo cui, in caso di vittoria, l’economia italiana avrebbe beneficiato di una relativa spinta. Sappiamo poi come è andata.

    Ora i mondiali sudafricani stanno per iniziare e, chissà come mai, nessuno si azzarda a fare previsioni…

    1. leoman3000 ha detto:

      La pratica sminuisce la teoria. 🙂

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