Grandi manovre

Contrariamente agli anni scorsi, quest’estate l’attenzione dell’italiano medio vacanziero nei confronti del mondo politico non è scemata. Corrado Guzzanti si rivelò profetico, una decina di anni fa, quando diffuse per la prima volta le dottrine di “Quelo” e della “grossa grisi” che avrebbe colpito le nostre vite. Dal 2008 i sintomi delle carenze economiche sono tangibili e lo Stivale non è rimasto immune ai predetti. Nonostante le decine e decine di rassicurazioni del Presidente del Consiglio, che non avrebbe “mai messo le mani nelle tasche degli italiani”. Una boutade, una sindrome da scaricare sui “governi precedenti”. Una situazione da vivere con sorriso, ottimismo e, per chi avesse potuto, “divertissement“.

Le persone che hanno rinunciato agli ombrelloni per carenza di pecunia, hanno aspettato al varco, per ingannar diversamente il tempo, il Capo del Governo. Per la prima volta, e per di più in prossimità del caldo Ferragosto, quest’ultimo ha dichiarato espressamente che i portafogli verranno depredati (chissà se le social card rimarranno al loro interno…), illustrando per sommi capi, ed assieme al già plurisilurato Ministro dell’Economia Giulio Tremonti, il provvedimento che (almeno inizialmente) dovrebbe limitare i danni subiti dalle casse statali.

Discorso lungo e pieno di sfaccettature, difficile da comprendere per i comuni mortali. Allo stato persino complicato da analizzare, per i paletti posti dall’informazione generalista che tanto deve avvicinarsi alle masse. Ragionando con l’ottica dell’“uomo qualunque”, dei tanti punti che la cosiddetta “Manovra” dovrebbe tener in considerazione sono balzati alle cronache, oltre ai “naturali” aumenti di tasse ed età pensionabile, il riconteggio delle sempreverdi province (da abolire totalmente, secondo l’opinione ormai di chiunque: invece…) e il taglio delle festività. D’altro canto, nessuna traccia della più volte ventilata riduzione del numero dei parlamentari, solo per citare un esempio.

Insomma, in questi momenti sta prendendo piede l’ipotesi secondo la quale (per allinearsi a prassi, direttive e regolamenti dell’UE) rischierebbero di saltare feste di Liberazione o della Repubblica e, se si fosse un minimo colti, addirittura quella odierna. Come se una decina di giorni in più rimanendo incollati alle scrivanie possano risolvere i problemi di un’intera Nazione. Invece, per ciò che concerne le province, siamo alle solite: un goffo tentativo di riproporre un’idea già partorita oltre un anno fa. Male. In breve, non sopravviverebbero quelle che presentano meno di 300.000 unità.

Ottantamila in più rispetto ai primi calcoli. La conseguenza è l’aumento dei territori interessati alla cancellazione dalle mappe geografiche: da 6 a 37. Tuttavia si creerebbe una situazione paradossale che vede decadere capoluoghi e centri storici come Campobasso, Trieste o ancora Siena, Matera e Benevento. Assieme a questi, diversi altri istituiti più recentemente (la Sardegna elencherebbe le sole Sassari e Cagliari, perdendo Oristano e Nuoro nonché le “nuove” Carbonia-Iglesias, Medio Campidano, Ogliastra e Olbia-Tempio; inoltre sparirebbero quelle di Fermo, Crotone, Biella, Lodi o Vibo Valentia): un eloquente spreco pubblico. Solo per completezza, bisogna porre in essere, per l’ennesima volta, determinati quesiti: cosa accadrebbe se, nel corso degli anni, i comuni aderenti alle potenziali province abolite dovessero complessivamente superare quota 300.000 abitanti? E per quanto riguarda usi e destinazioni delle infrastrutture?

Proseguendo nel dettaglio, il Molise non esisterebbe, venendo tagliata anche Isernia (verrebbe ridiviso tra Abruzzo e Puglia?), la Valle d’Aosta non avrebbe più ragion d’essere, mentre Genova, Perugia e Potenza sarebbero le uniche città di rilievo rispettivamente in Liguria (!!!), Umbria e Basilicata. Resterebbero vive entità come Monza-Brianza o Barletta-Andria-Trani, legate storicamente a Milano e Bari, relativamente “piccole” come realtà. La logica del “decentramento dello Stato”, sancita per Costituzione, viene messa in secondo piano. La Lega, che lascerebbe Belluno, Biella, Lodi e Sondrio (nel complesso, 18 province perse dal centro-destra e 19 dal centro-sinistra), ha storto il naso in ossequio alla visione federalista, facendo valere le sue ragioni in tal senso.

Tutto questo per “il bene dell’Italia”.

Un commento Aggiungi il tuo

  1. Gigi Gx ha detto:

    Eliminate sta cazzo di Barletta-Andria-Trani!

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