Piccole donne (crescono)

[scritto con Giovanni Di Nunno]  

Molti lo sanno, molti ne hanno parlato, molti hanno visto, alcuni ridimensionano, altri polemizzano. C’è chi rivendica il proprio diritto ad essere libero di agire come meglio crede ancorandosi a precari appigli democratici, c’è chi denuncia spingendo la collettività a prendere le distanze da certi comportamenti. Va bene, la giusta suspance è stata creata: la vicenda che ha dato luogo a questa spaccatura sociale in un ben conosciuto centro della Puglia è avvenuta l’8 marzo, festa della donna.

È risaputo che, in questa notte, gruppi di ragazze decidono di lasciare mariti, fidanzati, padri, amici; insomma qualsiasi essere umano di sesso maschile, al fine di passare una serata spensierata con le proprie amiche. Lo scopo “sarebbe” quello di rivendicare emancipazione e indipendenza ma, come spesso accade, le feste che si fondano su nobili principi vengono spesso strumentalizzate per fini consumistici (v. S. Valentino).

Qui non si intende entrare nel merito di cosa voglia rappresentare tale festa, l’obiettivo è descrivere ciò che realmente accade in una piccola comunità come in tutto il mondo.

È tutto uno strepitare di risatine e mimose, con i locali interamente dedicati al pubblico femminile. Il maschio per un giorno è bandito. Per una notte tutto è concesso all’altra metà del cielo; sta a lei dire di no o lasciarsi andare in un vortice di divertimento e leggerezza. Molti sono i locali ad organizzare dopocena piccanti con spettacoli sexy riservati al suddetto gentil sesso. Non è una novità degli ultimi tempi, persino nel sonnolento paese dove quest’anno è accaduto qualcosa di particolare.

In un locale cittadino, un gruppo di animatori specializzati in intrattenimenti di stampo prevalentemente notturno ha organizzato un party con annesso spogliarello maschile. Fin qui tutto normale, se non si fosse scoperto, successivamente alla pubblicazione delle foto della serata sul social network Facebook, che la festa della donna era in realtà la “festa della ragazzina”: l’età media delle partecipanti, infatti, sfiorava solo i 18 anni.

Le immagini testimoniavano atteggiamenti disinibiti, giochi basati sull’utilizzo di simboli fallici quali banane, zucchine e scope. Niente di volutamente spinto e pornografico; era palese l’intento goliardico degli animatori. Non ci sarebbe stata nessuna polemica se, ad essere coinvolte, fossero state donne adulte. Il problema sorge quando, ad essere immortalate nel compiere simile tipo di performance, sono ragazzine che frequentano le scuole medie o poco più.

L’apice della serata ovviamente è stato lo striptease maschile. Fa riflettere come lo spogliarellista (peraltro non un giovincello, ma un uomo evidentemente sui 35 anni), durante la sua esibizione fosse circondato prevalentemente dalle ragazze più piccole che ballavano divertite con lui mentre rimaneva con le sole mutande (sic).

Ai fatti è seguita un’accesa discussione virtuale sulle pagine di Facebook, dove gli stessi organizzatori hanno pubblicato, senza remore e come accennato in precedenza, le foto della serata.

I rischi della condivisione di foto su internet, in effetti, sembrano essere stati totalmente ignorati. Le foto ben presto sono state viste da chiunque e sono diventare di dominio pubblico creando reazioni ambivalenti.

Da una parte c’è stata l’indignazione di quanti vedevano che in quelle foto che si erano chiaramente sorpassati i limiti e che consideravano quel modo di divertirsi disdicevole. Dall’altra parte la reazione che non ti aspetti: gli organizzatori della serata, in un primo momento sostenuti a gran voce dalle ragazzine che hanno partecipato alla festa, hanno tacciato i critici di “falso moralismo” e di “incapacità di divertirsi”. Successivamente, però (non si sa se per imposizione o per reale ravvedimento) hanno eliminato dal web tutte le immagini incriminate e qualsiasi riferimento alla serata dell’8 marzo.

Esulando – volontariamente – dal discorso sulla possibilità legale di offrire o meno un servizio del genere a delle ragazzine anche di 15 anni, il nocciolo della questione è chiaramente di carattere etico. I temi e le domande che sorgono sono diversi: ci si chiede se i genitori di queste ragazze effettivamente sapessero a cosa stessero andando incontro le proprie figlie; ci si interroga su come queste ragazze potranno comportarsi nel prosieguo della loro vita (a 15 anni pare che rivendichino l’indipendenza assistendo ad uno spogliarello); ci si domanda se tutte fossero realmente consapevoli di quanto stessero facendo e se fossero consce delle conseguenze del farsi riprendere e di apparire su Facebook nelle pose prima descritte; in pratica si rimane perplessi al pensiero che, ad appena 15 anni, molte di loro abbiano già avuto molto dalla vita ovvero che questo comportamento sia solo un modo inedito di manifestare un disagio adolescenziale. Le sigarette e l’alcool (segni di paradossale ribellione conformista) non bastano più: le piccole donne per crescere hanno bisogno di sentirsi grandi, forti, addirittura di pagare per avere ai loro piedi un uomo di 35 anni.

 Chissà se le donne che hanno lottato, sofferto e dato la vita per cercare di abbassare il livello di discriminazione sessista che le ha sempre afflitte (e che prosegue), sarebbero felici di essere ricordate così.

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